venerdì 31 maggio 2013

DNA ricombinante e OGM

La seconda metà del novecento vide un poderoso balzo in avanti nelle biotecnologie, tanto da essere chiamate tecniche di ingegneria genetica, grazie ad alcune scoperte ed intuizioni di scienziati particolarmente illuminati come James Dewey Watson e Francis Harry Compton Crick, che nel 1953 concepirono il modello di DNA a doppia elica. Questo modello permise di spiegare il meccanismo di duplicazione del DNA, ponendo così le basi molecolari dell’ereditarietà.
 
 
 
 
 
 
 

Alla fine degli anni sessanta era ormai chiaro che l’informazione genetica era contenuta nel DNA, codificata con particolari sequenze di nucleotidi. Queste informazioni codificate vengono trasferite all’acido ribonucleico (RNA messaggero o mRNA), quindi decodificate per sintetizzare le proteine (formate da polipeptidi).
 
 
 

Le tecniche dell’ingegneria genetica non sfruttano più le proprietà naturali dei microrganismi, ma intervengono direttamente sui loro geni e  prevedono il trasferimento di geni di una specie, con determinate caratteristiche favorevoli, in organismi di un’altra specie, modificando il patrimonio genetico dell’organismo che riceve i nuovi geni. Si ottengono così ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI. Le tecniche per il trasferimento dei geni da una specie all’altra vengono dette TECNICHE DEL DNA RICOMBINANTE.

Queste moderne tecniche vengono spesso utilizzate per indurre alcuni microrganismi come i batteri a produrre delle proteine utili all’uomo. In questo caso viene isolato il gene umano che codifica per la proteina per inserirlo in particolari molecole di DNA che fungono da vettori. Questi vettori, essendo frutto dell’unione di due diversi tipi di DNA, vengono chiamati DNA ricombinante. I vettori penetrano nelle cellule batteriche ed il loro DNA si integra con quello batterico. Le cellule in questo modo diventano esse stesse ricombinanti. Ogni volta che queste cellule si riproducono, ricreano il frammento di DNA che è stato inserito con il vettore (viene quindi clonato innumerevoli volte). Le cellule riprodotte mantengono la capacità di produrre la proteina, che così verrà sintetizzata in grandi quantità.

I vettori usati prevalentemente per l’inserimento del gene nella cellula batterica sono i plasmidi. Si tratta di filamenti di DNA a forma di anello che possiedono due qualità che li rendono particolarmente adatti ad essere usati come trasportatori di geni: sono capaci di replicarsi nella cellula batterica e possono passare facilmente da una cellula all’altra.
 

martedì 28 maggio 2013

La fama internazionale di Alexander Fleming attraverso alcuni francobolli


La fama di Fleming crebbe a livello internazionale tanto che in numerosi stati furono prodotti francobolli in suo onore.
 
 Mali, 1975
 
 Hungary, 1981
 
 Andorra, 1994
 
 Mozambique, 2011
 
 Guinea-Bissau, 2001
 
Faroe Islands, 1983



San Marino, 1983


Romania, 1999


Monaco, 2003

Le biotecnologie - parte 2: vaccini e antibiotici


LA NASCITA DELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA

Il progresso tecnologico a partire dagli ultimi anni  del Settecento portò a notevoli miglioramenti nelle cure mediche. Infatti EDWARD JENNER, un medico inglese, nel 1796 preparò il primo vaccino contro il temutissimo vaiolo! Egli osservò che le persone alle quali aveva iniettato il siero, estratto da vacche malate di vaiolo, se venivano successivamente infettate dal vaiolo umano guarivano facilmente.
Jenner, però, non comprese appieno i motivi per i quali il siero delle vacche (da cui deriva il nome “vaccino”) producesse immunità sugli esseri umani e non fu in grado di ripetere esperienze simili.
Le sue intuizioni vennero riprese e valorizzate quasi un secolo più tardi dal già citato scienziato francese LOUIS PASTEUR. Egli ebbe il grande merito di scoprire che i microrganismi responsabili di una malattia possono essere uccisi o attenuati nella loro virulenza e iniettati nell’organismo che si vuole vaccinare.
La presenza di questi organismi genera una risposta immunitaria nell’organismo vaccinato, che lo rende preparato ad affrontare l’eventuale infezione con il microrganismo perfettamente vitale.
Pasteur nel 1885 scoprì il vaccino contro l’idrofobia (rabbia) e successivamente vennero prodotti molti altri vaccini costituiti da agenti infettanti denaturati o attenuati.
 
Louis Pasteur
 
 

Calendario delle scoperte dei principali vaccini:
 
 
I primi anni del Novecento videro un considerevole progresso delle biotecnologie sia nel settore alimentare sia in quello medico.  Inizia in quegli anni, infatti, la produzione industriale di lievito e quindi di funghi  microscopici.
Nel 1929 avvenne una delle scoperte più importanti per l’umanità ad opera dello scozzese ALEXANDER FLEMING.
Lo scienziato stava studiando la crescita di alcune colonie batteriche su piastre di coltura (recipienti in vetro utilizzati in laboratorio per far crescere le colonie batteriche).  Accidentalmente una di queste piastre venne contaminata da una muffa blu-verde chiamata Penicillium notatum,  simile a quelle che crescono sulla buccia degli agrumi.
 
Alexander Fleming

Fleming osservò che i batteri non crescevano nelle zone vicino alla muffa, mentre continuavano ad accrescersi nelle altre parti della piastra, quindi intuì che il fungo (Penicillium notatum) producesse qualche sostanza che impediva la crescita dei batteri. Attraverso molti altri esperimenti Fleming isolò la sostanza chimica prodotta dalla muffa, che venne chiamata PENICILLINA dal nome del fungo che la produceva.
Fu la scoperta del primo ANTIBIOTICO, utile per curare infezioni batteriche patogene che a quel tempo provocavano  la morte dei pazienti.
 
 
Soltanto nel 1940 la penicillina venne prodotta a scopi farmaceutici, dopo aver verificato che non danneggiava le cellule umane. In questo modo le biotecnologie classiche divennero parte integrante dell’industria farmaceutica.
La penicillina fu considerato un farmaco miracoloso per le sue qualità terapeutiche e Fleming nel 1944 fu insignito del titolo di Baronetto, mentre nel 1945 divise il premio Nobel per la medicina con i suoi collaboratori Chain e Florely.
 
 

domenica 26 maggio 2013

Le biotecnologie - parte 1


Una definizione di biotecnologie molto appropriata è quella formulata dalla Federazione Europea di Biotecnologia nel 1981: “La biotecnologia comprende l’uso integrato di biochimica, microbiologia e ingegneria per l’applicazione industriale delle proprietà e delle capacità di microrganismi, cellule appartenenti a tessuti o loro parti”. In pratica queste tecnologie utilizzano organismi viventi o loro componenti per produrre sostanze di interesse commerciale e industriale.
LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
Fin dall’antichità l’uomo ha utilizzato le biotecnologie per la trasformazione e conservazione degli alimenti, pur non avendo una precisa conoscenza scientifica, ma procedendo in modo empirico. Ad esempio la vinificazione dell’uva era un fenomeno ben conosciuto fin dai tempi biblici, anche se nessuno ne comprendeva le cause.


Oggi sappiamo che il mosto dell’uva si trasforma in vino grazie ad un processo chiamato FERMENTAZIONE ALCOLICA e che avviene per la presenza di funghi microscopici sulla buccia degli acini d’uva: i saccaromiceti come il lievito di birra. Questi microrganismi trasformano una parte dello zucchero presente nel succo d’uva in alcol (etanolo) ed anidride carbonica.



 
La fermentazione si svolge in due fasi: nella prima il lievito scinde, tramite l’enzima invertasi, gli zuccheri complessi (disaccaridi, come il saccarosio) in molecole di zuccheri semplici (monosaccaridi).
La reazione che caratterizza la prima fase è:
 
C12H22O11 + H2O → C6H12O6 + C6H12O6

 
con formazione di glucosio e fruttosio (due isomeri).
Nella seconda fase (che distingue la vera e propria fermentazione) avviene la formazione di etanolo (o alcol etilico) e anidride carbonica a partire dagli zuccheri semplici (ad esempio il glucosio).

La formula generale che sintetizza questa reazione è quella del chimico-fisico francese Joseph Louis Gay-Lussac:
C6H12O6 → 2 CH3CH2OH + 2 CO2

 
Grazie alla fermentazione alcolica si producono anche altre bevande come la birra (utilizzando il luppolo) o il saké (con la fermentazione del riso).
Sono sempre questi saccaromiceti che permettono la LIEVITAZIONE DEL PANE e degli altri prodotti da forno. In questo caso il prodotto utile della reazione è l’anidride carbonica, che si sviluppa all’interno dell’impasto rendendolo soffice e morbido, mentre l’alcol evapora completamente durante la cottura.



  
Anche la possibilità di trasformare un alimento velocemente deteriorabile come il latte in qualcosa di facilmente immagazzinabile come il formaggio deve aver costituito una svolta nelle abitudini e possibilità di sopravvivenza delle antiche popolazioni di allevatori.


  
Tutte queste attività di trasformazione, benché molto utilizzate, hanno trovato una solida base scientifica solo con le scoperte di Pasteur nella seconda metà dell’Ottocento.
Infatti nel 1871 LOUIS PASTEUR isola e identifica l’agente responsabile della trasformazione del mosto in vino: un organismo unicellulare, il Saccharomyces cerevisiae, comunemente chiamato LIEVITO. Sono stati  identificati anche altri microrganismi capaci di trasformare il vino in aceto, il latte in yogurt, ecc.

SACCAROMYCES CEREVISIAE: 

martedì 21 maggio 2013

La selezione artificiale


Per selezione artificiale si intende la scelta di esemplari animali o vegetali che presentano determinate caratteristiche, per farli riprodurre in modo controllato e ottenere un’accentuazione delle loro peculiarità. In questo modo si ottengono organismi viventi sempre più adatti alle esigenze dell'uomo.  Si possono produrre, ad esempio,  piante con frutti sempre più grandi e colorati o più adatti alla conservazione dei principi nutritivi molto tempo dopo la raccolta; oppure, si possono selezionare bovini ad elevata produttività di latte o di carne, galline che fanno molte uova e così via.
 
La selezione artificiale fu impiegata già in epoche antiche, come dimostrano i dipinti trovati nelle tombe egizie, risalenti a circa 4000 anni fa e raffiguranti incroci controllati fra cani. I metodi di incrocio utilizzati nel mondo antico erano, tuttavia, basati su molteplici incroci effettuati in modo casuale, fino a quando si otteneva un individuo con le caratteristiche desiderate. Le numerose varietà ottenute con incroci controllati, attualmente presenti, sono state ottenute solo dopo il XVI secolo. Inoltre si è potuto procedere a una pianificazione degli incroci grazie all’applicazione e all’utilizzo, sin dai primi anni  del Novecento, delle leggi di Mendel sulla trasmissione dei caratteri ereditari e al successivo sviluppo della genetica.






SELEZIONE DI MASSA: usata prima del Novecento

Nel periodo precedente alle scoperte del monaco austriaco Gregor Johann Mendel, gli allevatori selezionavano da ciascuna generazione gli animali o le piante che mostravano maggiormente le caratteristiche desiderate e li incrociavano tra loro. Questo metodo, conosciuto come selezione di massa, benché abbia prodotto alcuni risultati notevoli, presentava anche numerosi problemi: si trattava di un processo lento e insicuro, che peraltro non garantiva il miglioramento dei caratteri della specie, ma solo di isolati individui. Operando incroci all'interno di piccole mandrie o greggi, nel caso di animali, o di piccole coltivazioni, nel caso di piante, gli allevatori o i coltivatori talvolta perdevano in una generazione quanto avevano guadagnato in molte generazioni precedenti; insieme al miglioramento di un carattere, talvolta si assisteva al peggioramento di altri. Specialmente negli incroci tra organismi vegetali, gli ibridi, riproducendosi a loro volta, spesso non producevano successive generazioni dotate delle caratteristiche di interesse, ma regredivano all'aspetto di uno o dell'altro genitore. Il reincrocio, cioè l'incrocio tra un ibrido e uno degli individui parentali, impiegato comunemente per fissare i caratteri desiderati nella discendenza, produceva spesso organismi scarsamente fertili e vigorosi.



SELEZIONE GENETICA: usata in seguito alle leggi di Mendel




Con l'utilizzo del lavoro di Mendel e lo sviluppo della genetica, la selezione artificiale ha assunto un carattere più scientifico, rigoroso e prevedibile. Gli studi di Mendel dimostrano che i caratteri ereditari sono trasmessi come unità discrete (oggi chiamate geni) e non si mescolano nelle generazioni successive, né vengono eliminati da altri caratteri. In sostanza, le leggi di Mendel insegnano che dall'analisi dei risultati di un incrocio è possibile prevedere quali tipi di discendenza compariranno nella generazione successiva e in quali proporzioni. Sebbene Mendel avesse lavorato su caratteri semplici e qualitativi, i genetisti del XX secolo hanno dimostrato che anche la trasmissione dei caratteri quantitativi può essere spiegata con la combinazione di più fattori mendeliani. Inoltre, con l'introduzione di metodi statistici, i moderni sistemi di incrocio hanno portato a notevoli miglioramenti in una grande varietà di organismi di importanza agricola.
Nonostante tutte queste innovazioni, tuttavia, alcuni metodi di base, come la scelta di genitori con caratteri desiderabili e la selezione di individui particolari dalla discendenza ottenuta, sono rimasti gli stessi dal XVIII secolo a oggi.



LEGGE DELLA DOMINANZA:



LEGGE DELLA SEGREGAZIONE DEGLI IBRIDI:



LEGGE DELL’INDIPENDENZA DEI CARATTERI:

 


LA DOMINANZA INCOMPLETA:

 
 

LA RIVOLUZIONE VERDE

La selezione artificiale di animali e piante compiuta negli ultimi due secoli ha notevolmente migliorato i prodotti agricoli e, di conseguenza, l'approvvigionamento alimentare del pianeta. Soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale, sia in Europa sia negli Stati Uniti la riproduzione controllata delle specie animali e vegetali si è effettuata in modo sempre più sistematico e su larga scala a causa della domanda crescente di alimenti e prodotti agricoli da parte della popolazione urbana in espansione. Nel XX secolo, l'incremento della popolazione mondiale ha portato a un'ulteriore crescita della produzione agricola, ottenuta grazie alla cosiddetta 'rivoluzione verde', un progetto internazionale, su grande scala, che nella seconda metà del secolo, tra il 1950 e il 1975 ha portato alla creazione di varietà di colture ad alta produttività (grano, riso, mais), adatte specialmente ai paesi in via di sviluppo con popolazioni in rapido aumento. Le rese del frumento, ad esempio,  passarono da 0,9 tonnellate per ettaro con le varietà tradizionali a 4-4.5 nel 1954 fino a 6 tonnellate per ettaro nel 1964. Spesso, tuttavia, le colture ottenute dalla rivoluzione verde richiedevano per il proprio mantenimento  fertilizzanti chimici e pesticidi molto inquinanti e costosi sistemi di  irrigazione. Più efficienti, in questo senso, sembrano essere le moderne tecniche di ingegneria genetica (delle quali tratterò in seguito), che permettono di trasferire geni, e quindi caratteri, da una varietà o da una specie a un'altra, permettendo, così, di produrre varietà vigorose ad alta produttività.